Bhagģratho allora propiziņ di nuovo il grande Nume consorte d'Umā, perch'egli aprisse un varco al Gange. Mosso dalle preghiere di lui, sprigionņ Siva il fiume, concedendo un'uscita alla corrente col rimuovere una ciocca della sua chioma; per quella via, o Rāma, si sparse il Trivio Gange, fiume divino, fausto, immacolato, purificante il mondo. Allora i Devi, i Risci ed i Ghandarvi, li Yacsi e i Siddhi apparvero quivi, o Rāma, sopra carri differenti, sopra cavalli ed elefanti eletti: altri Devi s'immergevano nell'onde; e Brahma stesso, gran Genitor dell'universo, teneva dietro alla corrente. Le schiere splendide degli Dei si erano qui raccolte desiderose di contemplare la grande discesa del Gange, miracolo non pił veduto al mondo. Il cielo sgombro di nubi, avvivato dalla luce degli Dei fendenti l'aria e dal corruscar dei loro ornati, parve allora come irradiato da cento Soli. Qui cade concitato il fiume; lą si avvolge in tortuosi giri: qui crescendo si spazia largamente; lą muove ei lento le sue acque; e in alcun sito le onde si percuotono colle onde. Tutto l'etere era cinto, a guisa di baleni sparpagliati, di delfini, di torme di serpenti, di guizzanti pesci; e l'aere inondato da mille sprazzi di spunte biancheggianti splendeva conte un candido cielo d'autunno traversato da schiere di cigni. E intanto, affluendo or alte, or basse, precipitavano sulla terra le acque cadute dal capo di Siva, e si spandevano sovresso il suolo.» (Il Ramayana di Valmici, per Gaspare Gorresio, Milano, 1869, Lib.
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