» Il Re, manco a dirlo, č d'avviso che questa gentile
appar piů caraAncor che in vesti di corteccia avvolta;
e Anasűya: «Ehi, Sakuntalâ, osserva questa navamâlicâ, alla quale tu hai imposto il nome di vanagiosinia, ossia silvestre raggio di luna, e che spontanea si č sposata ad un mango; tu l'hai dimenticata». - «Se ciň fosse - dice la ingenua - avrei dimenticata me stessa.» - Ma Priyanvadâ: «Sai tu, Anasűya, perchč Sakuntalâ contempli cosě attentamente Vanagiosinia?... Ella si pensa: In quel medesimo modo che Vanagiosinia s'č unita ad un albero a lei conveniente, io pure troverň un amante degno di me.» L'ingenua non risparmia alle compagne assai graziosi rabbuffi; ma poco stante, assalita da un'ape, le invoca; ed esse ridendo: «Che? dobbiamo proteggerti noi? Non č affar nostro. Chiama Dusyanto; al Re spetta di proteggere i boschi, dimore degli ascetici.» E il resto, attraverso un genialissimo dialogo, cammina piů che di passo alla mčta, dal primo comparire del Re, che si dŕ per un famigliare del Sovrano, fino al ritirarsi delle fanciulle; ultima la santerella, che per attardarsi e volgere ancora il capo verso il gentil pellegrino, inventa un grazioso pretesto: «Anasűya, mi sono ferita un piede colla punta di un giovine cuso, e il mio abito di corteccia č rimasto attaccato ad un ramo di curavasio.»
L'assorellarsi con la gazzella nelle cure di madre m'č parso poi non disconvenire a Sakuntalâ negli anni crudeli della sua solitudine; a lei, che quando s'avviava verso la reggia, tutta fidente nella parola del Sovrano e nell'anello avutone in pegno, «Chi č - diceva che si attacca al mio vestito?
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