Già un secolo innanzi, Cesare ne aveva avuto buona caparra: e più volte s'era trovato in faccia sul campo di battaglia non meno formidabili donne di quelle Cimre, che avevano dato a Mario cotanto travaglio; le quali (lo racconta, sgomênto quasi di sì fiera tragedia, Plutarco), lanciavansi dall'alto dei carri di guerra, armate di spade e di scuri, digrignando i denti di rabbia e di dolore, mettendo orribili strida; vibravano i loro colpi addosso del pari a chi fuggiva e a chi inseguivale, a quelli come a traditori, a questi come a nemici; gettandosi nella mischia afferravano con le mani ignude le corte spade dei Romani, strappavano loro gli scudi, lasciavansi ferire e tagliare a pezzi senza dar segno di cedere, e fino alla morte mostravano un coraggio invincibile.
La religione presso quei popoli, non solo si mescolava sempre con l'amore della patria; ma (secondo ricordano, sulla fede di quei nostri antichi che soli ne lasciarono qualche prossima testimonianza, tutti i grandi storici moderni della Francia, i due Thierry, il Michelet, il Quinet, Henri Martin), al rozzo culto primigenio della Natura più alte dottrine s'erano venute innestando. «Insegnavano i Druidi - così Amedeo Thierry - che la materia e lo spirito sono eterni; che l'universo, perpetuamente mutevole nelle forme, è inalterabile e indistruttibile nella sostanza; che l'acqua e il fuoco sono gli agenti potentissimi di quelle variazioni, e operano, con l'alterno loro predominio, le grandi rivoluzioni della Natura; che infine l'anima umana, uscendo dal corpo, va a dar vita e moto ad altri esseri.
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