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In effetto, quel che rimane delle tradizioni druidiche e bardiche spira amor di patria ardentissimo. Dice un inno, celebrando una battaglia infelice: «Le anime sublimi de' nostri padri pendevano sopra di voi e vi contemplavano: vinti o vincitori, che rileva? Bensì palpitavano per la vostra fama, temendo che avreste anteposta la servitù del prigioniero alla morte dell'eroe: ma io dissi a quelle ombre che se la vittoria vi volgeva le spalle, la gloria vi avrebbe circondati sempre. Udirono i vostri congiunti le mie promesse; e le mogli, le madri ed i figliuoli vennero intorno a voi, e furono spettatori della battaglia: il nemico vinse, e danzò sopra il sangue de' prodi; ma i loro cadaveri furono raccolti da mani amorose: i Bardi cantarono sovr'essi il carme funereo, e diffusero sui loro nomi l'eterna luce della memoria. Sorrisero gli spettri di quegli eroi, ed aggirandosi sul campo di battaglia, infondono nel petto de' nemici lo spavento della sconfitta: - all'armi, tornate all'armi.»
E noi, confessiamolo a volta nostra: è bello questo culto della tradizione, quando si marita così bene alla devozione verso la patria. Or quanta parte, la Dio mercè, non ci aveste Voi Donne! Cooperatori efficaci dei Druidi erano i Vati ed i Bardi; ma quanto più potenti quelle Profetesse, delle quali, per noi vecchi Belliniani incorreggibili, sopravvive nella «veggente Norma» l'imagine! Rendevano oracoli, presedevano a sagrifizii, compivano misteriosi riti; il mare agitavasi o si calmava a loro talento, i venti quetavano o levavansi a un loro cenno; ma il terribile Iddio che le armava di una sì arcana potenza in mezzo alla loro gente guerriera, astringevale a un perpetuo conflitto con le leggi medesime della Natura.
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