Ahimè, l'arte dei colori è muta; e di Mirto, la bella Tarentina, non vi resta se non dimandare un elegiaco rimpianto a quei versi dello Chénier, melodiosi come un'eco della lira d'Orfeo:
Pleurez doux alcyons! ô vous, oiseaux sacrés!
Oiseaux chers à Thétis, doux alcyons, pleurez!
Elle a vécu, Myrto, la belle Tarentine,
Un vaisseau la portait aux bords de Camarine:
Là l'hymen, les chansons, les flûtes lentementDevaient la reconduire au seuil de son amant:
Une clef vigilante a, pour cette journée,
Sous le cèdre enfermé sa robe d'hyménée,
Et l'or dont au festin ses bras seront parés,
Et pour ses blonds cheveux ses parfums préparés.
Mais, seule sur la proue, invoquant les étoiles,
Le vent impétueux qui soufflait dans ses voilesL'enveloppe: étonnée et loin des matelots,
Elle tombe, elle crie, elle est au sein des flots.
Elle est au sein des flots, la belle Tarentine!
Son beau corps a roulé sous la vague marine…
E voi, rileggendo la dolce e veramente attica elegia, ritroverete quella profumata atmosfera che io avrei voluto farvi respirare nello Studio, o, come egli avrebbe forse detto, nella pinacoteca di maestro Zeusi.
Nulla, nulla delle opere di questo gran cultore della beltà femminina ci è rimasto. Degli Egizii, che pretendevano aver dipinto seimila anni prima dei Greci, non solamente abbiamo ancora templi e palazzi dalle pareti istoriate e dai lacunari azzurri costellati di stelle; ma troviamo ritratti d'uomini e di donne fin sugli involucri delle mummie, e miniature fin sul libro dei morti. Gli stucchi della torre di Khorsabad, i mattoni riccamente smaltati delle reggie di Nimrod, di Ninive, di Susa, ci fanno passare innanzi, coi loro caratteristici profili, con le armi loro, nei loro abbigliamenti, nelle foggie loro più smaglianti e bizzarre, i soldati, i prigionieri, le donne di Sargon, di Artaserse, di Dario.
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