«- Erebo, scoprile il petto... e tienila ben ferma.
«Il Moro, pieno di lasciva gioja, eseguì con compiacenza gli ordini della signora, la quale prese allora di mano da una delle sue donne un singolare ed orribile strumento di tortura. Era questo una lunga bacchettina d'acciajo flessibilissima, terminata da una piastra d'oro rotonda, sulla quale era aggomitolato un ghiomo di seta rossa... in tale ghiomo erano infitti, ben disgiunti l'uno dall'altro, un gran numero di sottilissimi aghi, accomodativi in modo che le aguzze loro punte uscivano un tantinello dal ghiomo invece di rimanervi piantate dentro.
«Il Negro aveva afferrato Filenia... La poveretta, pallida come una morta, non fece il minimo atto di resistenza... Il bianco suo petto fu scoperto nudo. Allora, in mezzo al più perfetto silenzio di tutti, perchè ognuna sapeva quale severo castigo fosse riservato al più lieve segno di compassione, Faustina col gomito appuntellato al cuscino e la guancia appoggiata sulla sinistra, prese colla destra il ghiomo, impresse all'elastico manichetto un certo balzellamento verticale, e ne percosse il petto a Filenia, trattenuta tra le braccia nervose del Moro postosi ginocchione dietro di lei. Al dolore acuto delle spesse punture, la disgraziata fanciulla mise un acuto strido, ed il candore del suo petto di neve si tinse di alquante goccioline di sangue, che apparirono quasi trasudando a fior di pelle...
«Alla vista di quel sangue, allo strido della vittima, i neri occhi di Faustina fino allora quasi spenti, ripresero un vivo sfolgorio;... e rizzandosi a sedere, disse con una specie di ferocità sdolcinata e piena di passione:
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