E io non credo che Eufrate il pilota e neppur Febe sua moglie, se anche fastidita un po' in sulle prime dell'aver perso una serata allegra, abbiano potuto a lungo tardare a esser de' suoi, come già erano quegli altri due poveretti, Aquila e Priscilla, i quali, cacciati da Roma, egli aveva incontrati a Corinto. Se poi non dovesse entrare spontanea, anzi di colpo vinta, nella comunione sua la povera Delia, lascierò che voi giudichiate. Io non ne dirò altro, se non che mi son fatto scrupolo d'attribuirgli parola la quale non possa leggersi testuale nelle Epistole ai Romani ed ai Corintii.
1 Cfr. Epistola di San Paolo a' Romani, VIII, 3 a 13, a' Corintii, XI, 23 a 27.
IRENE IMPERATRICE
Nel limbo delle storie bizantine, dove a ogni piè sospinto ci s'imbatte in generali eunuchi e in Imperatori teologizzanti, le sole figure che stacchino a contorni decisi su quell'immenso tramonto, sono le donne. Non immacolate, non tenere, non candide amanti, tutt'altro: ma più uomini degli uomini. Belle, certe audaci che salirono in alto, quasi tutte; perchè quei Sovrani sconclusionati che mitigavano la sagrestia con l'aremme, volevano almeno sbramar gli occhi, fino a che qualche emulo non glieli cavasse, in un bel volto, e la concupiscenza in una bella persona: poco importava poi se più degna del circo che della reggia. Eppure, uscite anche dagl'infimi strati sociali, quelle creature che vennero così assunte al trono, per lo più valsero meglio dei loro mariti: quasi a provare che di tanto smascolinata e scellerata Corte ogni ceto era, se non meno corrotto, meno imbecille.
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