Tuttavia, il figliuolo, toccata che ebbe la maggiore età, e venutogli in uggia il giogo materno, tentò con alcuni amici di scuoterlo. Ridotto una prima volta all'obbedienza e punito dalla madre come un fanciullo, a percosse, ebbe una seconda volta migliore fortuna: e detronizzata Irene, regnò. Costei peraltro non desistette dal cospirare, tantochè un giorno, impaurito, ei se ne fuggì via dalla Corte; ma sulla spiaggia asiatica venne raggiunto dagli emissarii di lei, assalito nel sonno, e acciecato.
Il regno d'Irene, continua il Gibbon, fu coronato d'estremo splendore, e se tant'è che ella abbia potuto reprimere la voce della coscienza, rimproveri non udì dai contemporanei. L'orbe romano s'inchinò al governo di una donna, e, quando ella compariva nelle vie di Costantinopoli, le redini de' suoi quattro candidi cavalli erano tenute da altrettanti patrizii, che precedevano a piedi il cocchio dorato della loro sovrana. Costoro peraltro, inalzati, arricchiti, investiti delle prime dignità dell'Impero, la ripagarono di mala moneta: uno dei loro, Niceforo, il gran tesoriere, fu segretamente insignito della porpora, poi introdotto nel Palazzo, e dal venale patriarca incoronato in Santa Sofia. Irene, dopo avergli rimproverato la sua ingratitudine, chiese almeno un ritiro decente; ma fu, nel rigoroso verno, mandata a confino in Lesbo, dove strettamente custodita, dovette guadagnarsi uno scarso vitto traendo il filo dalla conocchia.
Costei, chiamata a' suoi dì dagli scrittori pientissima Imperatrix, acclamata dal Concilio di Nicea come una nuova sant'Elena, tenne sicuramente un gran posto nella storia del mondo.
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