- Gli uomini, in fondo ragionevoli - conclude egli poi con la sua facile contentatura solita - sottopongono a regole i loro pregiudizii medesimi. Nulla era più contrario al buon senso che il duello giudiziario; eppure, ammesso una volta il punto, l'applicazione ne fu fatta con una certa prudenza.»
Ma poichè gli errori si tirano dietro l'un l'altro, da quel primo un altro ne scaturì, e voglio farvelo dire, con quel brio che gli è proprio, dallo stesso arguto Presidente. «Trovo scritto - egli dice - nella legge dei Longobardi, che se uno dei due campioni aveva addosso erbe atte agli incanti, il giudice gliele facea togliere, e gli faceva giurare di non averne più. Questa legge non poteva essere fondata che sull'opinione dominante: fu la paura, della quale è stato detto che ha fatto inventare tante cose, quella che fece imaginare cotesti prestigii... Di qui nacque il meraviglioso nel mondo della cavalleria.» (Montesquieu, De l'Esprit des Lois, Lib. XXVIII, cap. 16 a 26).
E il meraviglioso, non c'è da dire, ha dei bei lati: i paladini, i negromanti, le fate, gl'ippogrifi, i palazzi incantati, gli uomini invulnerabili, e tutto il resto. Belli però alla lontana: ma per quei poveretti e quelle poverette che ci vissero in mezzo, cagione di infiniti orrori, che si compendiano in quattro parole: i processi di sortilegio. Leggete, Signore mie, se già non l'avete letta da un pezzo, la Sorcière del Michelet: e vedrete come la donna fosse nata fatta per essere la prima vittima della superstizione, e la più infelice di tutte.
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