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Parole senza dubbio in bocca a un prete dell'XI secolo notevolissime. Eppure, tanto non potè il naturale istinto dell'onesto e del giusto, che a quell'istesso valentuomo non si oscurasse a quando a quando la sinderesi. Là dove descrive l'assedio di Marra - poichè, in un modo o in un altro, toltesi persino a guida un'oca e una capra, i Romei avevano fatto lor via - gli scappa detto che, dalla fame costretti, costoro «non solo dei Turchi e dei Saraceni uccisi, ma si cibavano persino di cani.» Quel non solo è prezioso, e se mai gli occorresse commento, glielo fornirebbe subito l'Arcivescovo di Dôle. «Mangiar di Saraceno - dice il sant'uomo - era un seguitare a far la guerra agli Infedeli con le mani e co' denti. Et inimicis manibus et dentibus inimicabantur. » Tutto del resto corre a questa stregua, nelle istorie gerosolimitane. Ed oh povero il nostro Torquato se qui, squarciate da capo a fondo le eroiche sue ipotiposi, tolte via tutte quante le sue belle metonimie cavalleresche, fosse costretto a contemplare vivi e veri i suoi pii Buglioni e i suoi Tancredi! Vedrebbe Tancredi o Tankradus, come il Canonico aquense lo chiama, presa Gerusalemme, affrettarsi al Tempio... non per altro se non per avidità del danaro che gli vien detto esistervi: prae avaritia propalatae pecuniae: udrebbe per consiglio dei maggiorenti, majorum consilio, sedendo il pio Buglione in capite, decretarsi, tre giorni dopo la presa, l'eccidio di tutti i prigionieri. Non era più il caso (come Fulcherio di Chartres racconta essersi fatto a Cesarea), di serbare almeno in vita alcune schiave a girar le macine in perpetuo, vendendosele l'un l'altro, tanto belle che brutte; nè di pestar coi pugni le gole ai captivi, perchè vomitassero i bisanti nascosti; uccider tutti pareva utile, e furono uccisi tutti, o da riscattare che fossero, o già riscattati: pecunia redimendi, aut redempti.
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