Entrando nel maniero, il figliuolo del popolo, il trovatore, l'uomo che è tutto sentimento, ingenuità, anima, poesia, passione, è abbagliato a principio dallo splendore della donna che è sua sovrana... ma nella coscienza appunto dell'impossibile s'imperna la poesia dell'amor suo... Mediatore fra l'aristocrazia ed il popolo, egli ravvicina coll'amore quello che tutto il resto divide...»
Doveva ella poco contribuire a cotesti ravvicinamenti l'assenza volontaria, illimitata, crudele, del castellano, che, per andarsene bardato di ferro a battagliare in Terra Santa, abbandonava la sposa in balìa di quelle ore interminabili, di quei pensieri, come dice sì bene il Quinet, «muti, inarticolati, onde un cuor di donna è assediato quando lo spettacolo continuo della Natura deserta viene pascendo i suoi sogni?» Lo lascerò dire a Voi, Lettrici gentili; e sono sicuro che in cuor vostro darete venia a Monna Pia di avere conceduto ad un paggio quel che non concesse - se la leggenda è vera - ad un Re. Dico leggenda tanto da mettermi al sicuro, e per non dire addirittura, come a rigore dovrei, fantasia. Questo è certo che il Re, quel buon Re Luigi VII, il quale per avere bruciata Vitry con tutti i suoi abitanti si tenne in debito di muovere alla seconda Crociata, ebbe in sorte una penitenza di gran lunga maggiore dalla moglie sua, la vispa e gaja Isabella di Gujenna. Costei fu che in Corte d'Amore sostenne non potervi essere fra marito e moglie amor vero, e diede alla dottrina fior di commentario e inespugnabile argomento d'esempii.
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