L'uomo che faceva tanto sciupìo di vite, non osò portare la mano sopra di lei. Aurora, dice il Dozy, umiliata, sfinita, spezzata, andò a chiedere alla devozione un compenso alle tradite speranze. E accenna, ma senza darcene alcun saggio, a una elegia di un poeta arabo sulla sua morte.
Pressochè tutte le fonti citate dal Dozy sono arabe: nè forse si troverebbero facilmente di que' tempi, se non frugando qualche cartulario di vecchio convento, altre cronache cristiane da quelle in fuori ch'egli cita. Ma la Spagna ha un archivio storico prezioso nei suoi Romanceros; ed è curioso il cercar laddentro le traccie del perpetuo nemico. Sebbene non vi sia alcuna di cotali sirvente o ballate popolari che nella sua forma odierna risalga più su del secolo XIV, manifesti sono in parecchie i vestigii della tradizione orale d'onde provengono; e dice assai bene l'Ochoa nella prefazione al suo Tesoro (Tesoro de los Romanceros y Cancioneros españoles, historicos, caballerescos, moriscos y otros, Paris, Baudry, 1838), che «accostumandosi un poco al loro stile aspro e sconnesso, non è possibile leggerne alcuni passi senza ammirarvi una certa naturalezza e semplicità, una tenerezza che commuove, e qualche volta una sorta di candore omerico; tantochè vi si vedon ritratti meglio che nella istoria medesima i costumi, le credenze, le superstizioni dei tempi andati, e l'idealità con cui il popolo concepiva l'eroismo, la lealtà ed il valore.»
Aggiungerò che, mentre le più recenti di queste romanze lasciano scorgere, nelle relazioni stesse di Cristiani con Mori, una certa dimestichezza e cortesia, le più antiche serbano invece un carattere fiero e tragicamente solenne, donde trasparisce la inesorabilità di una lotta a tutta oltranza.
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