Faccia a brani le sue pagine, e ci lasci a questa nostra dormiveglia divina, che sappiamo a nostro grado popolare noi di tutte le larve dell'amore, della felicita e del trionfo.
Ma l'afflizione, Signore mie, ma l'ambascia, ma la sventura, (che in perpetuo ignorino la via, non che la soglia, di casa vostra), queste sì, giova di conoscerle in istoria e in imagine, per compiangerle, per consolarle, e quando non si possa altro, per dare un fiore alla memoria di chi ha patito. Io, più che altra cosa - ve ne dovete essere a quest'ora accorte - ho voluto racontarvi l'odissea delle vostre sorelle infelici: potevo io punto dimenticare colei che per diciotto secoli fu l'infelicissima di tutte, l'Ebrea?
Sapete che non soltanto tutte le palme della bellezza, tutti gli omaggi della cortesia, tutte le soddisfazioni della eleganza e della vita gentile, ma le negavano la libertà stessa del cuore, il rispetto del mondo, l'affetto della patria; e quante volte - lasciando stare i vituperii, gli obbrobrii, i supplizii, le morti snaturate de' suoi - quante volte non le fecero della maternità stessa il più crudele dei tormenti, strappandole i figli! Siete, dicevano, di nessun paese; e le loro famiglie erano per lo più piantate, radicate lì nel paese, oltre ogni umana memoria: siete ignobili; e discendevano tutte da ben più antica stirpe che non le figliuole dei Crociati: siete ree; e nessuna figlia più rispettosa, nessuna sposa più fedele, nessuna madre più sviscerata di quelle poverette, per le quali il mondo si compendiava nella casa.
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Ebrea Crociati
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