D'amor germane e di beltà compagne,
Veggo aspettanti. E a deprecare il Fato
L'una pispiglia:
«Lüisa, tu che l'arpicordo amicoTratti con mano al modular sì dotta,
Deh, le söavi del divino Orfeo
Lagrime oranti,
«Propizïando, mentre il giorno tace,
Pietosi i Genii de l'esilio al buonoProfugo Prence e a l'innocente prole,
Desta, sorella.»
E a la sorella che sì dolce pregaLisa, ecco, arpeggia. Le amorose larve
Salgono in vista a l'umide pupille,
Salgon söavi.
- Bionda Euridice più del peplo bianca,
Perchè al pöeta, che d'amore ardendoGià ti redime, allenti il piè, ministra
Sol di querele?
Affretta, affretta! E tu, divino saggio,
Tu al mondo cieco auspice autore e duce,
Che del sostare e del voltarsi intendiL'alto periglio;
Che più t'indugi? Che più posi e resti? -
L'onda così melodïando dice:
Ma la gentile che pur mo' col ritmoFantasïava,
Dà un balzo, un grido, e «Lisa, sta!» balbetta;
«Non odi? Accosto la fiumana mugge,
Già già divalla, precipita, irrompe,
Giunge, ecco è giunta.
«Lambe già l'arme de la nostra Casa
Non lo stendardo giglïato, il rossoBerretto frigio de le picche in cima,
Torvo saluto.
«Queste che lente a' vituperii in mezzoRotano grevi periglianti rote,
Queste il Re nostro, non al trono, a l'ontaRendon stridendo.»
Ammuta Lisa, e il suono ammuta. I glauchiDeh non levar da la tastiera, o pia,
Occhi sereni a quel che in alto pendeTetro presagio.
Resuscitata da pennel sovranoLa palestina Eumenide vedresti
Rider crudele; e sul bacil d'argentoPallida, austera,
Gli occhi socchiusi da le fonde occhiajeVolger solenne ver' l'occidua luce
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Fato Orfeo Genii Prence Euridice Casa Lisa Eumenide
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