Bene, amiche Pritivi,
Radïanti gemelle,
Ch'agili insieme con l'Aurora e lesteNon prima in alto impallidir le stelle
De l'ambrosia celesteBlande sorgete dispensiere, e i rivi
Effondete giulivi,
Perchè le sacre spondeSortano al Gange d'ogni ben feconde;
Bene, o figliuol de l'acque,
E sopra lor vincente Agni divino,
Col qual vinta si giacqueSaràsvati amorosa,
Onde ogni umana cosa, ogni personaCrebbe al Sole festosa
Latte libando al genïal destino,
Bene ancora v'adoroImagini felici,
Di che tutto si pinge ed alto suonaIl lucido e canoro
Inno dei Veda: pur d'accenti amiciTu dentro al cor più forte
Omero padre mi rallegri e diciIn più umana favella
Il Ciel che con la Terra s'inanella,
Se il figliuol di Saturno a la consortePingi infuso nel grembo,
E dal dorato nemboChe li ricopre scaturir la piova
Piana, limpida, aprìca,
Che ogni cosa rinnovaE l'erbette novelle si nutrica.
E te più accanto nel terreno esilio,
Te mio dolce Virgilio,
Sento in questa tua pingue aura lombarda,
E dal volger de gli occhi onesta e tardaQuale del tuo Sordello,
La mantovana sul paterno ostelloVeglïante ravviso
Alma faccia serena; ed al sorrisoConosco il core se la mano accenna
La sovr'agile pennaTornante a rivedere il dolce nido
E la picciola proleCon festanti carole
Rondine che l'asil sa non infido.
Ma voi, cari fantasmi,
Se vi sapesse la minuta gente,
Voi per l'onda battenteDi che grossi sarcasmi
Divina morderìa schiera fuggente!
«Noi cerchiam da la pioggia infesta asilo,
Altri colga diletto -
Dirìa - de' nidïuzzi che fil filoVa perlustrando sotto gronda al tetto.
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