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      Di barbarico Cesare zimbello:
      Speglio calpesto da fanciul protervoMille faccie così mostra repente
      Come a mille tiranni fu bordelloL'Imperio, di frantumi orrido acervo;
      Il pugno unico nervo,
      Unica legge su gli oppressi il ferro:
      Dove un asilo verecondo e pio,
      Dove, se non in Dio?
      Però il feodale noderoso cerroNova e già pertinace edera preme,
      Del monacato il pullulante seme.
     
      Regal donzella a le turingie selveRapita ne la strage, a inique nozze
      L'inimico Signor cùpido elegge:
      Preci che pro ne le chiomate belve?
      Opra Rosmunda, e al bieco Sir fa mozzeLe canne: Radegonda a miglior legge
      Lo sdegno alto corregge:
      E il suo german dal coronato mostroPiangendo ucciso, al talamo abborrito
      Del sanguigno maritoLa queta preferisce ombra del chiostro;
      Onde va del suo dotto almo soggiornoFamoso il suon per Aquitania intorno.
     
      Ma può mai tanto de la donna il coreCh'eterna sul desìo vinca la pïeta?
      E ingegno è mai sì peritoso e castoCui non s'inveschi in finte spoglie Amore?
      Venne d'Italia un trivigian poeta:
      Dolce s'ebbe nel chiostro ospizio e pasto;
      Nè mai giorno più fastoSorse l'uggia a temprar de le sorelle:
      E lègger puoi nel placido belatoDi messer Fortunato
      Giòliti e sciali ch'ei partì con elle.
      Così d'onde Pudor più lunge il caccia,
      Stende Cupido le ansïose braccia.
     
      Nè costuma esser solo, il biondo Nume!
      E in quella età fra sconsolati affanniSospeso il monastero e fra delitti,
      Di molto seppe, ahimè! più forte agrume.
      Vittime vide, e più vide tiranni;
      Regnar gli piacque, e i tristi derelittiA la gleba confitti
      Le sferze sue non men punsero a guai


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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