Lui tutto in adorar quella sua santaChe per morta avea pianta,
Lei, di que' grandi suoi occhi raminghiTutta nel carezzarlo, e in pregar Dio
D'un bimbo. E il bimbo, come a Isella, venne:
Non però seco vocePortò dal Paradiso,
Sì, leggiadretto il viso,
E stremo il corpicino e non indenneDell'inaudito atroce
Scempio materno. Ond'ella s'ebbe in luiL'ultima stratta de' martìri sui.
Al picciolo origlier sedea sovente;
Spesso all'egro porgea mite fanciulloCon l'usato trastullo
Medicati ristori al cor languente;
Se vegliasse, il pensate; e dicea sempreQuel suo pietoso e buon dottor Volnizio
Che miglior suora non conobbe Ospizio.
Ma legge uscì, se può chiamarsi leggeQuella che i vinti in servitù corregge,
La qual, non pure ogni vocale indizioDe l'avito idïoma,
Sì i muti ancor caratteri proscrisse;
E ignote sigle indisse,
Non evitabil soma,
Pur di filtri e pestelli a l'ardue tempre.
Così avvien che s'assempreL'una spesso con l'altra opposta sorte,
Con quella ch'è virtù quella ch'è morte.
Colse a Lidia così. Da le sue maniMorte il bimbo adorato
Nel beveraggio sorridendo bebbe.
Ma troppo alla spietata Erinni increbbeGiù ne l'Erebo nero
Di sè medesma e dell'orrendo fato:
Onde ascosa la facciaChe di terrore ogni mortale agghiaccia,
Pietà chiese al Signore, e pietà n'ebbe.
Brev'ora al caso fieroDurò la madre, e giacque; e, spirto anelo,
Fu, nova Isella, col suo bimbo in cielo.
FIORELLINO D'ALPE
FIORELLINO D'ALPE
FIORELLINO D'ALPE
Godi fanciulla: è un attimoDegli anni il primo verde:
Di rapid'acque al margineLa gemma che si perde
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