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      Pianti, e il tuo freno attendeTumido Imperio che non sa misura.
     
      «Ben l'avaro servaggioUn dì con pochi eroi
      Scosse un austero Saggio
      E America francò da' scribi tuoi:
     
      «Francò terra fecondaCh'alme città produce
      Come spunta la biondaMesse dai campi e dal mattin la luce.
     
      «Non sì però le penneT'ha sceme, che non gissi
      Con baldanzose antenneNovell'acque a tentare e nuovi abissi.
     
      «Se il Bàtavo su l'aleD'alto desìo s'aderse,
      E nova terra australe,
      Sperando a sè ventura, intatta aperse,
     
      «Tua fu la messe: a tormeAllevaron tue braccia
      Greggi ed armenti, e l'ormePacifiche smaltir l'errante caccia.
     
      «Però dagli austri a garaE dagl'indi colmigni
      Scende, e da l'afro Sara,
      La polvere dell'oro alli tuoi scrigni.»
     
      Così la lingua batte,
      Girando gli occhi bigi,
      E miele impresta e latteL'Invidia torva al tuo regal Tamigi.
     
      Ma venga e vegga. AnsantePer cento bocche e nera
      Vedrà fumarsi innanteTutta navigli la fatal riviera.
     
      Vedrà, se ottiene il varco,
      Androni alti, infiniti,
      E gocciante il gran carcoDell'improbo sudor d'arcani liti.
     
      Te però non isperiMirar, giocondo Sole:
      Che agli agili velieriNon può darti prigion chi più ti vuole.
     
      Come il mendìco un crudoObolo in man si toglie,
      Gli è gran mercè se ignudoOttobre omai d'ogni ragion di foglie
     
      Scender sul fasto mutoDe' gran cocchi superbi
      Veda il bieco salutoD'un bagliore che l'uggie disacerbi.
     
      Cinta il crine di gemmeMa 'l piè sozza di fango,
      Londra e la sua Böemme
      Spesso ne' trivii a studïar rimango.
     
      Deh quante anime in pena!
      E tu che abbassi gli occhi,
      Sì corta a cenci e a lena,
      Tu più de l'altre il cor, misera, tocchi.


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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