Ed al perenne amor.
La vaccherella al pascoloFilando la tua rocca
Non menerai più a vanvera,
Nè più l'arida boccaDel suo latte ancor tiepido
Verrà suggendo il fior.
Nè sul bruno crepuscolo,
Prona a l'Ave Maria,
Di balzo in balzo tacitaRifacendo la via
A dar verrai del gomito
(Improvvisa, di' tu),
In quel garzon che indocile,
E pur gradito, il passoA te suole contendere,
Nè pria cessar lo spassoChe un baciozzo non prendati
Sottesso il mento... o su.
Già le sonanti secchieE la ruvida fune
De le venete asperginiDa sette anni digiune
Con la materna inalberiCapperuccia gentil,
E a la dogal Venezia
De le veloci pianteBattendo i conscii lastrici,
Il colmo petto ansanteErgi leggiadra e fulgida
Nel tuo rustico April.
Talor posata al margineDi sculto antico pozzo,
Pur mo de l'armi barbareSembri rapita al cozzo,
D'Aquileja tua nobileRampollo avito, altier.
Chè se a te volga teneriAudace ospite gli occhi,
Pronta ne' rai fulmineiLa tua collera scocchi,
O ne le risa imbecheriLo smagato stranier.
Alta d'onor l'imagineNel non servil tuo core
Siede sovrana, e vigiliSpirti, Memoria e Amore,
Da le cime tue nitideScendon custodi a te:
Che ognor l'antico anàtemaNe la natìa favella
Credi sul capo fremerti:
«Colei ch'è stata ancellaRieda a le stanze; invidia
De l'alpigian non è.»
Ben qualche fiata l'agileCanzon che il rio discende
E del tuo nome incielasiTentazïon ti prende
Dal gondoliero amabileD'intendere squittir:
Ma tosto a mente tòrnatiQuel garzon che sua soma
Porta ancor egli, e a intridereIto è per sino a Roma
Le man' dentro a la madia,
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Ave Maria Improvvisa Venezia April Aquileja Memoria Amore Roma
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