Fronte di tauro per le corna avvinto,
Freni al furore e meditati osavaSfoghi al tuo corso.
Già tre millennii, le tue rive e i poggiDi messe biondi fioriva la vite;
Colta progenie lattavan tue veneMantova e Melpo.
Se non che ghiotto a la pastura il Celta
Di carri un nembo e di cavalli e d'asteRovesciò in mezzo, e a l'acque tue sanguigne
Beverò il gregge.
Conche di miglio, e alpigne zatte, e avena,
E a te commise la prole sospetta,
Barbari doni: in sin che ulivo e alloroRoma ti cinse.
Cantò Lucano gli aggeri gagliardi,
Sortîr tuoi rivi onestamente umìliIl Mincio blando, e l'Adda, e il curvo Mella,
Plinii e Virgilii.
Ma invano il rostro pallïò di croceBisanzio avara; e a tanto stremo addusse
Già già tue ville, che le vide Ambrogio
Fatte carcami.
Spersi carcami onde salì a Roncaglia
Teutona larva: non però sì alteraChe la taurina non sentisse, o Padre,
Ugna tua forte.
Con la vittoria un mantovano ingegnoArti novelle, e nuove a la tua foce
Moli Venezia sapïenti, e poseMargini e leggi.
Allor la Diva che le menti incìtaLibere a l'opra, a te menò sagace
Per vepri e gore ampie dugaje, e noviColti diffuse.
Perchè sì tosto a la difesa imbelli,
E in sè feroci l'un l'altro rodendo,
A compre mani i figli tuoi del vomereFecer coltello?
Perchè non l'arme a la straniera invidiaBrandiro incontro, ma ingrati la scure
Su pe' i selvosi a l'ire tue ritegnoPergami sacri?
Muggire allora la tonitrua voceS'udì de l'Alpe: e giù precipitando,
Impeto immane la gran valle invadereDi flutti e d'armi.
Deh quante volte ne' frementi vortici
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