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      Faticando ne' tralci e ne le case,
      In gorgo immenso gran mercè se rariNaufraghi accoglie.
     
      Pace Eridàno alfin, pace. Lo sdegnoNe gl'innocenti assai volgesti. Il fremito
      Leva in alto solenne, e di chi reggeScoti l'accidia.
     
      Bene punisce chi ben ama, o Prenci:
      Del Po, del Po, gran giustiziero in terra,
      Ricòrdivi, e di quel che dal suo romboTùrbine pende.
     
     
     
     
     
     
     
     
      GIOIRE...?
     
     
     
     
     
     
     
      GIOIRE...?
     
     
     
     
      GIOIRE...?
     
     
      Ecco, una Voce vien da l'Orïente,
      E «Figliuol - dice - da costei ti guarda,
      Che s'accosta a parlar vezzosamente.»
     
      S'accosta a sera, gentil malïarda,
      Ti carezza e ti dice: «Oggi m'ho festaIn casa, e se al mio bacio il tuo consente,
     
      «Vieni, la mia lettiera è adorna e lesta;
      Di bei ciondoli egizii è il capoletto,
      La bionda mirra i suoi profumi appresta:
     
      «Vieni, e meco d'amor piglia diletto,
      Chè il mio messer vïaggia assai lontano;
      Noi ci tôrrem d'ogni sollazzo eletto.»
     
      E la Voce ripiglia: «O tu ch'hai sanoIl giudizio, m'ascolta. Ha la straniera
      Il miele in bocca ed il tranello a mano;
     
      «Ne le panie non dar de la versiera:
      O rammaricherai, curva la fronte,
      La parola del Savio alta e sincera!
     
      «Bevi a' ruscelli di tua propria fonte,
      Tue le dolci acque sièno, e bevi a josa;
      Sien le poppe che abbracci a te sol cónte.
     
      «Càvria leggiadra, cervetta amorosa,
      Tu la inanella in prima giovanezza,
      E fedel ti rimani a la tua sposa.»27
     
      O la prèdica santa! Uguale a pezzaNon udi 'l mondo, e a l'orator s'inchina:
      Ma s'i' osassi di romper la cavezza,
     
      Direi: «Messere Soliman, la spinaCavatemi dal cor che v'è riposta:
      Può valer, senz'esempio, la dottrina?
     
      «O ch'io m'inganno, o Vostra Grazia apposta


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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