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      Che dei sensi tetragone a l'assillo,
      Unqua non déste in mulïebri falde!
     
      E più bëati voi, che al primo squilloVinti d'Amor, la fede insino a morte
      Pura serbaste più ch'ambra o berillo!
     
      Ma cotali virtù di popol forteSempre le genti invidïaro indarno
      Troppo fiorite, levigate e tôrte.
     
      E te Italia non men, che Tebro ed Arno
      Vider di tanta luce un dì ricinta,
      Poi larvata di minio il viso scarno,
     
      Te già dal mondo iniquo oppressa e vintaCoprirono di fior' Tullie ed Imperie,
      Fin che lassa cadesti e in ceppi avvinta.
     
      Le tue perle cercar ne le macerieChi non ti vide, e Làlagi baldracche
      Gioïre in alloppiar le tue miserie?
     
      Se non che sorse da profonde lacche,
      Come sorge improvviso a l'Alpe il Sole,
      Libertà, nova fiamma a genti stracche;
     
      Allor, di Roma non indegna prole,
      Sacrasti d'improvviso a degno altareBelle cöorti in arme, e non parole.
     
      Parvero un tratto dal romano lareUscir, nel pallio mäestoso avvolte,
      Le madri antiche, e a la battaglia impàre
     
      Ribenedir le giovenili accôlte;
      Rediron le fanciulle a' caldi baci,
      Sè invitte mallevando ultime scôlte,
     
      E de le schiere non invan pugnaciUnico premio al bene sparso sangue
      Promettendo bellezze non mendaci.
     
      Passâr secoli od anni? In petto langueNon pur de l'armi generose il foco,
      Ma fatto sembri, Amor, tu stesso esangue.
     
      Oh date agli alti sogni, oh date locoA le italiche insegne, ed a le bianche
      D'Imene insegne, e a l'amoroso gioco!
     
      Oh predicate a queste frolle e mancheCostuma d'oggidì che a miglior senno
      Rifacciansi oramai l'anime stanche!
     
      Ch'oggi è Pluto, un Iddio sciancato e menno,


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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