Moglie compone a un sorrisetto il labro,
Eppur sanno amendue che il labro mente.
Non per malizia: ma d'insidie fabroTant'è l'odierno vivere, sì poca
La pazïenza, e il terren tanto scabro
Sul quale una partita ambo si giocaDiuturna, inesauribile, che spesso
In isbadiglio l'andantin s'affioca.
A te il resto, lettor, chè in via t'ho messo;
Solo quel che l'istoria ultima ammannaLascia ch'io cenni, e giudica tu stesso.
Dice un pöeta, il sai, che la capannaMorte con equo piè pallida pulsi
E quanto altera è più reggia tiranna;
Aperto disse già Grecia che avulsiPopoli e Regi da un medesmo ceppo,
Da l'Erinni medesme ardon convulsi:
Ma presto si tappò ne l'ombra il leppoCh'ulìan le reggie; e licito sol fue
Di riveder le buccie a Tonia e a Beppo.
Oggi son pari l'aquile e le grue:
L'una sul mastio e l'altra su la stoppia,
Si vedon senz'occhiali tramendue.
E se in basso il delitto ogni dì scoppia,
E fatto è il maritaggio ai più sentinaE si fòrnica e ammazza a man raddoppia,
L'ira già de' Penati e la ruinaAnche le reggie invade, e sotto il crollo
Geme solinga più d'una Regina.
Ricòrditi il fiorito almo rampolloChe della Drina, là, presso le rive,
La bella Natalìa reggeva in collo.
Forse in lui del gran Marco rediviveGià le antiche sognava asie leggende,
Che il nome serbo tra' suoi fasti inscrive:28
Che pro? Dispiacque a tal che odrisie bendeDi cignere costuma a questa e a quella,
Sol vago del piacer che i sensi accende.
A lei, Sovrana, virtüosa e bella,
Toccò del bando e del ripudio l'onta:
E, madre indarno, omai sogna la cella.
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