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      Pria di gettar la pietra a la rejetta,
      Non chiedere a chi va per la maggioreSe il matrimonio sia cosa perfetta:
     
      Ma il chiedi al senno, e il ridomanda al core.
     
     
     
     
     
     
     
     
      MORIRE...?
     
     
     
     
     
     
      MORIRE...?
     
     
     
      MORIRE...?
     
     
      Perchč dal verecondo alvo la rosaDi rugiade freschissime cospersa
      Sbocci giuliva, e al folgorar del Sole
      Apra il turgido sen, madida e tersa;
      Perchč indarno da bianche ali nascosaVarchi esultando le materne ajuole,
      E col profumo de le sue vïoleInnamorata vergine la mente
      Incieli, ardendo come Amor la invita:
      Forse dono č la vitaChe non torni a fastidio il pių sovente?
      Giova in su l'alba dal natėo giardinoMattinare trillando a la speranza;
      Giova, insino che April trecci corone,
      L'amorosa trillar lieta canzone:
      Ma, non sė tosto oltre il meriggio avanza,
      Gių precipita il giorno; e al pellegrinoBatte la prora in gran travaglio e il pino
      Mar pių crudele; e s'anco l'onda resti,
      Gravano il petto omai nembi funesti.
     
      Ancor, se balda ne l'etā pugnace,
      E a viso aperto combattuta bene,
      Puō parer, questa, non inutil guerra:
      Se giovanetto le materne areneD'aquila a la proterva unghia rapace
      Sveller tentando, reso a la sua terraAbbia il sangue gentil, che l'alme sferra;
      O gli alti arcani ai quali č grembo e cunaNatura, delle cose inclita Madre,
      Altri in pallide squadreTra i sofi accolto che Minerva aduna,
      A scrutar si perigli, e figliuol degnoDel Giapetėde, in pria le fiere terga
      Voglia a l'enosigea rupe confitte,
      Che piegar l'ale d'onde son diritte.
      Perpetuo vive ed onorato albergaDe la Memoria ne l'eterno Regno
      Chi di sč lasci non ignobil segno:


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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