Non la propria virtù, ma quello spirtoChe move per le frondi a lauro e a mirto
E fa d'ogni profumo a sè tesoroEd anco batter sa come fan l'arme:
Va per lo mezzo a' giovani, che parmeChiudan gli orecchi ove rampogna suoni;
E dàgli a meditar li rei carboni.
NOTE ALLA SERIE MODERNANOTE ALLA SERIE MODERNA
FRA GLUCK E ROBESPIERRE
Anni sono, a' tempi dell'Impero, mostravano a Parigi, in quello che si chiamava allora le Musée des Souverains, un sedile di bronzo, ch'era assai probabilmente un bisellio di pretore romano; ma fra custodi ed ospiti, massime campagnuoli, pareva convenuto che quello dovesse essere stato sicuramente il trono del primo re di Francia; e neppur uno dei visitatori festivi avrebbe mancato di far il nome del sullodato capostipite, in persona du Roi Pharamond. Vero è che Agostino Thierry, autorità irrecusabile, dice in formate parole «che il primo dei Re franchi, di cui la storia accerti l'esistenza, è Chlodio; perchè Faramondo, figlio di Marcomiro, sebbene il suo nome sia propriamente germanico e il suo regno possibile, non figura nelle storie più degne di fede.» Ma forse appunto per questo gli si è formata intorno una leggenda quasi patriarcale; l'oscurità lo salva: chè, a principiare, come l'istoria certa vorrebbe, con Clodione, od anche un poco più innanzi con Clodoveo, quel loro regno reca spaventosamente intera l'impronta di barbarie che è propria dei tempi, della razza franca, e della conquista esercitata da quelle tribù d'oltre Reno sugli antichi abitatori delle Gallie.
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