«La pittura che gli scrittori contemporanei fanno dei guerrieri franchi giù fino al VI secolo - soggiunge il Thierry nella VI delle sue magnifiche Lettres sur l'histoire de France (Paris, Tessier, 1836) - ha qualcosa di singolarmente selvaggio.» Raccoglievano sul cocuzzolo i capelli per lo più rossastri e spalmati di burro, che ricadevano a mo' di coda di cavallo dietro le spalle; spesso andavano ignudi fino alla cintola; uniche armi l'azza e una sorta di giavellotto barbato; belligeri, violenti, indomiti, la ferocia era per loro un vanto. Clodoveo, con barbarico acume, capì la forza del nuovo sacerdozio, e se lo alleò; ma non per questo si rimase d'avere un gineceo di serve, e d'ammazzare di propria mano parecchi de' suoi.
Un poeta del V secolo, Sidonio Apollinare, ci ha tramandata abbastanza viva l'imagine di un accampamento di Franchi: di quello che tenevano presso Lens, quando Ezio li vinse. Avevanlo piantato sopra certe colline, e cintolo con le loro carrette, poco lungi da un fiumicello; facevano, a mo' di Barbari, mala guardia; massime essendo in gran baldoria di canti e di danze per lo sposalizio di un loro capo; e questi insieme con la sposa, fulva, dice il poeta, come lui, e con tutto l'apparecchio dei pentoloni inghirlandati e fumanti per il prossimo convito, cadde in potere dei Romani. Ma per lo più succedeva il rovescio; e davanti a sè, irruendo impetuosi e quasi frenetici, spargevano il terrore e la morte. Tutta l'êra dei Merovingi odora di sangue.
In queste pagine v'accadde già, non dico di scorgere, ma di indovinare, che a' tempi di Carlo Magno non erano i Franchi mutati di molto, quand'anche imbrigliati dalle paure d'oltre tomba, e tenuti in riga dalla volontà e dalla mente di un cotant'uomo; nè punto è da meravigliare se, lui scomparso, il gran Regno, già sbranato in tre parti dalla successione, andò presto a brandelli.
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