Davanti alla pietà di due tombe, anzi all'orrore di due patiboli, dilegua ogni tentazione d'immiti giudizii. Solamente, rileggendo, com'io vi prego di fare nelle stupende pagine del Lamartine (Histoire des Girondins, Paris, Furne, 1847, vol. I), il racconto così fervido, così palpitante, così drammatico, di quella sciagurata fuga verso la frontiera, che, fermata a Varennes, aperse al Re ed a' suoi il precipizio, ringraziate Iddio che ci abbia largito altra stoffa di Principi: e non dimenticate quale magnanima febbre si impossessi di un popolo, di fronte alla minaccia della invasione straniera.
VITA PER VITA
Mi ricordo che, ancor fanciullo, mia madre mi diede a leggere un libro pieno d'alti spiriti italiani. Era di Francesco Lomonaco; nè altre pagine, dopo le Vite di Plutarco, m'avevano fatto, a quell'età, una tanto profonda impressione. Scorso più di un mezzo secolo, quel nome del Lomonaco m'è tornato innanzi nella eccellente monografia di Augusto Franchetti, L'Unità italiana nel 1799; e fu come un lampo che mi riaperse e m'illuminò per un istante quei lontani orizzonti della puerizia, dove, pur tra larve fuggevoli come il sorriso dell'età, si formano imagini, pensieri, sentimenti, che più non dileguano. Il libro ch'io avevo letto da fanciullo non era forse quel medesimo che il Franchetti cita; eppure quando io m'imbattei nelle parole da lui ricordate: «Guai a quella nazione che per dirigere i suoi affari domestici ha bisogno del soccorso altrui!» mi parve di ritrovarmele scolpite in petto dalla mano stessa di mia madre.
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