«Le Repubbliche de' primi popoli (però che in repubblica le società cominciano) erano rozze, ignoranti, barbare, ma durevoli perchè guerriere. Le Repubbliche di civiltà corrotta presto caddero; benchè abbondassero buone leggi, statuti, oratori, tutti gl'incitamenti alla virtù; ma le infingarde avevano tollerato che le armi cadessero. Perciò in voi più che in noi stanno le speranze di libertà.» - «Se non che la libertà politica - continua saviamente il nostro storico - era scienza di pochi dotti, appresa dai libri moderni, e dalle sentenze francesi: mancavano le persuasioni; aveva la Francia operato il rivolgimento, l'aveva Napoli patito; il passaggio tra gli estremi di monarchia dispotica e repubblica era stato in Francia opera di anni, in Napoli di un giorno; e infine a noi mancavano, e abbondavano in Francia, le difese di libertà, che sono le virtù guerriere e le cittadine ambizioni.»
Quella taglia di guerra di due milioni e mezzo di ducati, che lo Championnet non tardò ad imporre sulla città, con quell'altra di quindici milioni sulle provincie, parrebbe che avessero dovuto rompere l'incantesimo; se tanto non bastava, avrebbe dovuto sgannare ognuno il Vae victis che gli proruppe dal labbro; e vie più, quel commentario eloquente, che fu il disarmamento del popolo. Ma che! «Le sentenze dei dottrinarii napoletani facevano trasandare le milizie stipendiate; essere soldati in Repubblica, dicevano i dottrinarii, tutti gli uomini liberi; essere gli eserciti strumento di tirannide; non mancar guerrieri alle Repubbliche;» e vi cito le parole testuali del venerando scrittore patriota, perchè io non sembri metter su di mio certi raffronti che spiccano manifesti tra queste e talune odierne «loquacità di tribuna.
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