Fa che 'l trombetta suo Triton dia fiatoAlla cava, sonora e tôrta conca.
Al suono altier da tal tromba spiratoNon può risponder concavo o spelonca:
Ma rompe in modo l'aria, e con tal volo,
Che ne rimbomba l'uno e l'altro Polo.
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E sebben l'acqua e il fuoco son discordi.
Posson l'umido e il caldo unirsi insieme:
E fatti amici temprati e concordi,
Fan gravida la terra del lor seme:
E sebben questo a quel par che discordi,
E sempre l'un l'altro contrario preme,
Con la discorde lor concordia fannoChe nascon gli animai, vivono e vanno.
Ma se a leggere Ovidio avete, che non credo, paura di passare per pedantesse in calze turchine, abbeveratevi almeno nelle soavità paradisiache del Sanzio, trionfate nella incomparabile Farnesina, colla sua Galatea. Che? Vi sembra ella - o prosastica fine di secolo! - un vano fantasima anche l'amante di Aci? Ed io vi sopraffarò, positiviste mie, colle meraviglie della navigazione.
Dalla piroga rozzamente cavata in un tronco d'albero e dalla zattera raccomandata ad otri natanti, giù fino al vascello a tre ponti e alla corazzata pregna di tre siluri, quanto sperimento d'industria, d'inventiva e di coraggio! Se si riesce a capire che Greci e Romani s'ajutassero anche a viaggi non brevi lambendo le coste, appena si sa imaginare come que' più antichi maestri di nautica, i Fenicii, con quegli occhiuti loro pentecontri a cinquanta remi, non avendo per guidarsi altra scorta che il moto apparente degli astri e qualche imperfettissimo saggio cartografico, giungessero non solamente a cercar l'argento e il ferro a Tartesso (la moderna Andalusia), ma lo stagno in Cornovaglia e l'ambra sulle rive del Baltico, se pur non girarono, come pare, mezza l'Africa, giù fino alle Canarie e alla Senegambia.
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