Non assevero che la piaga faccia sangue adesso come allora; stimo anzi che a poco a poco vada cicatrizzandosi; ma non sarà mai troppo presto per la pietà mista di vergogna che destano in cuore que' miserelli, e più ancora, oserò dirlo, per la difesa del nostro onore.
Il male pur troppo è fatto; la mala voce, anche oltre la misura del giusto, è diffusa; la reputazione nostra ne ha sofferto non poco, massime in mezzo alla orgogliosa razza anglosassone, che nell'America del Nord ci tratta da comprachicos. Vero è che del vilipenderci come parsimoniosi e gretti e sbrici quei messeri hanno torto, non sapendo quale umano senso di provvida carità pei rimasti di qua dall'Atlantico governi spesso l'apparente lesineria dei nostri lavoratori: ma del maledire gl'impresarii che sfruttano indegnamente la puerizia - anche se pochi oramai - hanno ragione. Res sacra puer, dicevano i nostri maggiori; e questo è un latino che Voi intendete, o buone madri, per prime. Fate che non sia indarno; e avanti di pensare ai putti cinesi e alle bimbe more, chè le monache vi mettono a' panni, pensate, o madri italiane, a cancellare affatto quel vitupero che è la tratta di bimbe e di putti italiani.
PASSERA CAMPAGNUOLA
Un dichiarato avversario della mitologia, Giordano Bruno, in un famoso suo Dialogo (Spaccio della Bestia trionfante, Milano, Bibliot. rara, Daelli, 1863), fa proporre da Giove al Concilio degli Dei una grande riforma del cielo: che consisterebbe nel cacciar via dalle case dello Zodiaco e da tutte l'altre costellazioni quelle figure che vi sono insediate, vuote di senso, a parer suo, o non significanti se non assurdità o tristizie, per collocare in loro luogo i simboli di vere e sode Virtù. Quale che sia peraltro nel Dialogo la risoluzione a cui il dibattito approda, io vi so dire che la cacciata di quelle figure non ha potuto durare di certo: perchè egli fu sempre un invincibile istinto degli uomini quello di trasferire nel cielo le imagini a loro più consuete nella vita; e, come ha detto un altro filosofo, men vago assai di riformare il mondo, anzi contento semplicemente a descriverlo, Giambattista Vico, «l'uomo per l'indiffinita natura della mende umana, fa sè regola dell'universo;» e dove non conosce le naturali cagioni delle cose nè può spiegarle per analogia, impresta loro la sua propria natura: «e alle cose prive di senso dà egli, come i fanciulli sogliono, senso e passione.
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