Se non fosse per il suo latino men che mediocre, io Vi direi di cercare i carmi o almeno le lettere di cotesto davvero fortunato Trivigiano, un figliuolo probabilmente del popolo, scolare che era stato di grammatica e di rettorica a Ravenna, ultimo tipo di gaudente e quasi d'oraziano umanista, che, in mezzo a quei rudi soldatacci e a quelle ingenue monacelle del tempo, č fatto segno a tutte le ammirazioni, a tutte le carezze, a tutte le oneste blandizie d'anime incantate della sua veneta parlantina, e del suo disinvolto galateo di versicolajo facile e piacentiero. Un intendente, un segretario, un fido avvocato e prudente arbitro e moderatore, ci voleva per la Comunitą; e Fortunato a tutti codesti uffici era nato fatto. Eccolo che piglia stanza nel convento; e non ci ha cortesie, finezze, imbandigioni fiorite e adorne, dilicati camangiari, vini generosi, che al pastore non vengano prodigando quelle povere pecorelle. Tanto l'affare in somma cammina, ch'ei riceve gli ordini sacri, e, abbagliato il Concilio di Braine con l'orpello di un suo bel panegirico, s'insedia nel vescovado di Poitiers. L'episodio č faceto, non č vero? Eppure sui torniti esametri del retore corre come un soffio di ispirazione e di mestizia sincera, quand'ei li fa parlare secondo i ricordi, anzi per bocca stessa, della sua dolce Regina: «Ho visto le donne tratte in ischiavitł, avvinte le mani, scarmigliati i capelli, una diguazzare a pič nudi nel sangue del marito; un'altra inciampar nel cadavere del proprio fratello!
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