Mi limito dunque senz'altro a tradurre, indicando sempre la fonte.
«Una petizione moderata - scrive il Times del 23 febbraio 1863 - la quale non faceva altro se non domandare che si osservassero in favore dei Polacchi quei trattati, i quali sono per i padroni lettera morta, ma per i sudditi sono guarentigie di libertą, divenne pretesto a uno degli atti di tirannia pił terribili che mai siano stati commessi. Quando l'Imperatore di Russia ordiva in segreto l'occupazione repentina delle cittą di Polonia, per avventarsi nel cuore della notte sulla popolazione maschia, segnata e vagliata innanzi tratto come ancor fida alla propria stirpe e al proprio idioma nazionale, egli commetteva un errore, da cui per certo il Machiavelli lo avrebbe sconsigliato. Col rendere meno pericoloso l'insorgere che non il rassegnarsi alla schiavitł, egli faceva getto del beneficio che il terrore concede ai tiranni. Risultato certo del sottomettersi senza resistere, l'incorporazione in quei reggimenti, il cui destino era d'andar dispersi in presidii insalubri o d'essere mandati al macello contro orde selvaggie, nei deserti che segnano l'estremo lembo dell'Impero. Levarsi in armi, era guadagnar forse la libertą e una patria, o almeno morire nella propria terra, circondati dalle simpatie del mondo. Questa l'alternativa posta dalla stolta tirannide russa. Qual maraviglia che l'insurrezione si estenda?»
Come poi la proscrizione dei primogeniti di tutto un popolo, in mezzo alle strida, ai pianti, alla disperazione delle madri si compisse, lo descriveva in pochi tratti la Revue des Deux Mondes (31 gennaio). «Al tocco dopo mezzanotte del 15, la cittą era occupata militarmente.
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