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      «Quando scoppiò l'insurrezione del 1863, Giannina Czetwertynska, che contava allora ventidue anni, armò a spese sue uno squadrone di cavalleria. Arrestata e condotta a Kiew, che è il capoluogo della provincia di Podolia, Volinia ed Ucrania, fu rinchiusa nella cittadella di Kiew e le si fece un processo di alto tradimento, durante il quale ebbe a soffrire orribili trattamenti... (E qui sopprimo, gentili Donne, i particolari atroci degli iterati supplizii, che più volte lacerarono e inondarono di sangue le delicate membra della bellissima e nobilissima fanciulla). Infine, qualcuno ci ebbe, che, dopo aver ricevuto un'ingente somma dalla principessa madre, troncò l'inchiesta, si mostrò favorevole, e rimandò Giannina assolta a casa, rinunziando per parecchie centinaja di migliaja di lire a seppellirla in Siberia e a confiscarle i beni.
      «Ma la salute di Giannina era profondamente scossa dalle sevizie russe e dalla sofferta tortura. L'anno seguente, essa sposò un giovane polacco, il nobile Jelowiçki, dal quale ebbe un bambino. Il piccino stava male come la mamma, e aveva continuamente bisogno di medicine. Venne allora (sul 1866) l'ordine del Governo di sopprimere completamente la lingua polacca nella provincia di Podolia, provincia rutena, e perciò detta bugiardamente russa dai Moscoviti. Anche i farmacisti dovettero scrivere in russo il nome delle medicine, che prima veniva scritto in latino od in polacco, che è sempre d'alfabeto latino. Giannina aveva appunto fatto venire dalla farmacia medicine destinate al suo piccino: ma non conoscendo l'alfabeto russo nè comprendendo le ricette russe, diede al bambino internamente una medicina destinata per uso esterno, e l'avvelenò per isbaglio.


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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