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      Infatti ne' nostri villaggi (intendi i friulani) non c'è che l'estrema miseria o le tristi conseguenze d'un primo errore che conducano le fanciulle a rinunciare alla propria indipendenza.» Nannetta co' suoi antichi secchi di rame battuto a ghirigori da un punzone d'artista, con la sua stanga ricurva e la sua fune, è signora di sè, quand'anche fatichi per mercede; e, all'infuori di quella che le grava le spalle robuste, non conosce altra soma.
      Ella non sentirà rintronarsi all'orecchio, in quel dì sospirato del suo ritorno, la schernevole canzone patria, cotanto divulgata, che fino dall'infanzia ha udita e cantata ella stessa:
     
      Tu ses stade camerele,
      Tu ses stade a servi siors;
      Ma cui ustu che te chioli,
      Vergonzose che tu sos?
     
      (Tu sei stata cameriera, tu sei stata a servigio di ricchi: chi vuoi mai che ti prenda per moglie, o svergognata che sei?) La grossolana ma candida camicia a larghe maniche, la rossa pezzuola su cui gira, materna eredità, un vezzo di bolle d'oro, autentico alla pari con quello degli anelloni che fregian le orecchie; la gonna di mezzalana rimboccata quasi sempre, le uose che disegnano due gambe fatte al tornio e lascian libero il bruno ed agile piede - forse che non son foggie più pittoresche di quelle che un tempo la pupattola di Francia insegnava alle patrizie, ed oggi insegna alle ricche borghesi un'imagine pitturata su carta straccia? Certo il suo Checco, quando tornerà indietro da Roma dove se n'è ito da San Daniele al mestiere di fornajo, secondo la tradizione secolare del paese, la troverà così assai più bella che non se avesse accattato da qualche civettuola di Merceria vesti e fronzoli cittadini.


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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