Quel di felice poi che lassù, dalle loro parti, faranno insieme la loro scarrozzata di sposi, mi par di vederli in gongoli come la Tina e l'Armellino della Percoto: «Mentre il garzone fa volare la carretta tra il polverio degl'interminabili rettilinei della strada postale, anch'ella assapora la voluttà d'essere finalmente in un vasto spazio e di attraversarlo a guisa di freccia, e si gode l'estasi delle soavi emozioni che le fa provare la presenza del giovine amato.»
Son sicuro che in quel giorno ella avrà calzate le sue belle scarpine di feltro, proprio come il Silenzio di Messer Lodovico, l'auspice onesto delle gioje grandi, forti e sincere. Se non che, ho proprio a dirla? un dubbio mi tormenta. Avrà ella in testa, quel giorno, il bel cappellino friulano d'una volta? Per il garofano rosso sull'orecchio, non sono in pensiero, quello non mancherà: ma se devo essere schietto, dopo coscienziose e recenti indagini su così grave argomento, ho pur troppo forti ragioni di dubitare del cappellino. A che non costringi gli umani petti, o sacrata ingordigia della novità! Rimasa in tutto il resto tetragona a' capricci della moda, Nannetta, lo temo, su quel particolare, mi convincerà d'anacronismo. Ed io che ero così altero d'averle dato, da capo a piedi, le identiche foggie che una quarantina d'anni fa avevo visto adoperare da Domenico Induno per una di quelle sue mezze figure di vita viva, che gli valsero d'essere salutato pittore del popolo! Pazienza. Io non mi pento. Senza l'anacronismo, non avrei avuto occasione di riunir qui il nome di lui con quelli di Caterina Percoto e di Francesco Dall'Ongaro; una delle più belle triadi d'anime amiche, ch'io speri d'incontrare sulle soglie del Concilio dei pii, in quel giorno oramai non lontano, che la farò alla familiare con l'Inconoscibile.
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