» Quindi si faceva a parlare di ciò che Filopono gli aveva richiesto: «Se cotesti scritti de' Greci - rispose il Barbaro superstizioso - sono conformi al Corano o Libro di Dio, sono inutili e non fa mestieri conservarli; se discordi, sono perniciosi e bisogna distruggerli.» Con tal dilemma, cui il filosofo certo non s'aspettava, il prezioso deposito fu giudicato alle fiamme, e durante sei mesi i volumi che conteneva servirono a riscaldare quattromila bagni, conservatori della salute e della mondezza de' cittadini. Alessandria nel circuito di quindici miglia conteneva una popolazione di trecentomila abitanti ed un eguale numero di schiavi (Brucke, Rovine di antiche città, v. s. passim).
In questo fatto così nudo e greggio il Massarani esercitò la sua fantasia e creò un'epopea visibile, una leggenda immaginosa e tutta in azione. Gli parve lecito di supporre che fosse diventata cosa pressochè ordinaria la distruzione di tanti tesori dell'umano sapere. Quindi è che presiede al lavoro un vecchio sacerdote musulmano, un ulema, nel cui volto inflessibilmente severo si legge con un che di atroce tutta l'ispirazione del fanatismo religioso. Poco distante, una specie di pirata scaraventa nell'ipocausto un fascio di libri, e dalla mossa come dai lineamenti gli traspare condensato in un sogghigno il gusto barbarico della distruzione. Un povero fellah - un vero utensile umano - tramescola nelle fiamme gli ardenti volumi. Due sceikki, o capi militari, sembrano attendere alle parole del vecchio ulema, in piedi, rigidi, impassibili: sono venuti certamente per assistere all'esatto adempimento della spietata cerimonia; il loro atteggiamento rende l'imagine dell'indifferenza consueta agli Orientali, e massime a' seguaci del Profeta.
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