O al suo amante che l'ha dimenticata, e ch'essa non rivedrà più mai? La bella del sultano non fuma, non canta, non suona; il suo narghilè è abbandonato, e la sua guzla giace dimenticata sul pavimento, aspettando che la sua nano bianca e delicata ridesti una melodia del suo paese o una lontana rimembranza di amore. Il nero schiavo etiope, che ha obbedito a' suoi ordini, le sta ritto e immobile a poca distanza col vaso gemmato che contiene la sua usata bevanda; ma essa non lo vede, ed egli aspetta che quella regina dell'amore, uscendo dal suo fantastico sogno, si ricordi ch'egli è là.
Non si sarebbe potuto rendere più efficacemente la vita dell'harem, e quasi si crederebbe ad una rivelazione fatta da un custode infedele del serraglio o all'indiscrezione di un fortunato giaurro. Regna qualche cosa nell'ambiente misterioso di questa affascinante composizione, che mal si saprebbe definire, e che è congenita alla clausura di quelle donne non vigilate che da uomini spregevoli. È il silenzio? È la pace e la dipendenza o il sentimento della voluttà e dell'amore? Non lo sappiamo: è come una famiglia senza famiglia, come un affetto senza corrispondenza, come una malinconia profonda ed interminabile, che non ha un'eco al di fuori.
Tale è questo quadro che turba e che fa fremere di voluttà. Tuttavia non è desso che una festa di luce e di colore; e la Gazette des Beaux Arts, la più considerevole rassegna d'arte di Francia e forse del mondo, lo ha ben caratterizzato, quando mettendolo insieme con la Festa sul Canal Grande del Delleani, col Ritorno dal Battesimo del Jacovacci e col Battesimo nell'isola d'Ischia del Joris, li ha d'un solo tratto definiti: Des compositions mouvementées, très ingénieuses d'arrangement et, pour le surplus, d'une vivacité de colorations à cette heure dans toute l'école.
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