Il qual moto poi di disgregazione, e, se mi si passi la barbara parola, d'individualizzazione, seguitò negli ultimi anni tanto rapido, che oramai pressochè ciascun artista, vuoi nel soggetto o vuoi nel fare ed anche in amendue, cerca di mettere un suo proprio sigillo, un accento, una intenzione pittoresca, una maniera, e alla peggio un ticchio e un capriccio suo proprio; inclinazione, la quale non meriterebbe se non lode, quando sempre emanasse da un convincimento meditato ed intimo, e qualche volta, invece, non fosse o male dissimulata primizia d'alcuna moda recente o forestiera, oppure ostentazione più che coscienza d'originalità.» Ora, se il Massarani, per quel genio avventuroso che è in ogni artista, appartenesse anch'egli a quel moto, se anch'egli fosse stato costretto, per dare il proprio sigillo all'opera sua, ad eleggersi un genere di predilezione, chi potrebbe fargliene colpa? «Il Massarani è un pensatore anzitutto» aveva detto Francesco Dall'Ongaro. Di fatti, ricco come egli è di una erudizione colossale, non poteva non conoscere a fondo il segreto delle diverse scuole pittoriche, senz'averne, forse, data qualche prova materiale nella solitudine del suo studio; dotato di una facoltà di assimilazione poco comune, egli ha pure quella potenza di sintesi, che sa riprodurre sulla tela così una razza, come l'idea caratteristica di tutta un'epoca, se anche rispunta in un ambiente circoscritto da due o tre figure senz'altro. D'allora in poi, ogni suo studio dovette essere rivolto a scongiurare un serio pericolo, che era lì, a quattro passi, dalla impopolarità; a moderare, cioè, il suo pensiero in guisa che non sconfinasse in astrattezze psicologiche o nel buio pesto dell'erudizione leggendaria o storica.
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Massarani Massarani Francesco Dall'Ongaro
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