E questo avvenne perchè egli, a differenza degli altri scrittori od uomini d'azione, non subì ma dominò, con la potenza del genio, l'epoca in cui visse; agitò, trasformò tutta una generazione per spingerla a conseguire quell'unità ch'egli solo, fra tanti consacrati sapienti, previde e volle con tenacia di propositi, con suprema virtù di sacrificio; egli d'un altro avvenire, tuttora lontano ma inevitabile, strenuo banditore fino alla morte.
Nè l'inflessibile attaccamento ad un reggimento popolare, fu nel Mazzini idea fissa, preconcetto dogmatico; fu invece un riflesso di quel meraviglioso intuito col quale, leggendo nel libro dell'avvenire, antiveggeva nella sovranità popolare la fatale decadenza dei troni, in Italia non solo, ma ovunque i nuovi bisogni e le nuove conquiste del popolo non potevano più confinarsi entro i limiti consentiti dalle regie prerogative.
Aboliti i maggioraschi che consacravano sotto la veste di proprietà le ultime vestigia dei diritti feudali, non potevasi più erigere a feudo un paese a beneficio dei maggiorenti di una famiglia; rivendicato al popolo il diritto di scegliersi i proprî reggitori, diveniva una contradizione mostruosa il far eccezione del maggiore e più geloso degli uffici, per trasmettere le redini della suprema direzione dello Stato, da padre a figlio, quasi che la cresima usurpata dai pontefici in nome del diritto divino non fosse passata nelle mani del popolo.
A brandelli a brandelli i lembi del manto regio, fra rivoluzioni ed evoluzioni, passano in mano ai cittadini per lasciare a nudo una parvenza della forte tradizione monarchica: l'assurda finzione costituzionale del re che regna e non governa.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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