GIUSEPPE MAZZINI.
NOTE AUTOBIOGRAFICHE.
Una domenica dell'aprile 1821, io passeggiava, giovanetto, con mia madre e un vecchio amico della famiglia, Andrea Gambini, in Genova, nella Strada Nuova. L'insurrezione Piemontese era in quei giorni stata soffocata dal tradimento, dalla fiacchezza dei Capi e dall'Austria. Gli insorti s'affollavano, cercando salute al mare, in Genova, poveri di mezzi, erranti in cerca d'ajuto per recarsi nella Spagna dove la Rivoluzione era tuttavia trionfante. I più erano confinati in Sampierdarena aspettandovi la possibilità dell'imbarco; ma molti si erano introdotti ad uno ad uno nella città, ed io li spiava fra i nostri, indovinandoli ai lineamenti, alle foggie degli abiti, al piglio guerresco, e più al dolore muto, cupo, che avevano sul volto. La popolazione era singolarmente commossa. Taluni fra i più arditi avevano fatto proposta ai Capi, credo Santarosa ed Ansaldi, di concentrarsi tutti nella città, impossessarsene e ordinarvi la resistenza; ma la città dicevano, era militarmente sprovveduta d'ogni difesa, mancavano ai forti le artiglierie, e i Capi avevano ricusato e risposto: serbatevi a migliori destini. Non rimaneva che soccorrere di danaro quei poveri e santi precursori dell'avvenire; e i cittadini vi si prestavano liberalmente. Un uomo di sembianze severe ed energiche, bruno, barbuto e con un guardo scintillante che non ho mai dimenticato, s'accostò a un tratto fermandoci: aveva tra le mani un fazzoletto bianco spiegato, e proferì solamente le parole: pei proscritti d'Italia.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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