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      Osammo tanto, che l'intormentito Governo Toscano, compito l'anno, c'intimò di cessare. E cessammo. Ma quei due giornali avevano intanto raggruppato un certo numero di giovani potenti di una vita che volea sfogo; avevano toccato efficacemente nell'anime corde che fin allora giacevano mute; avevano - e questo era il più - provato ai giovani che i Governi erano deliberatamente avversi a ogni progresso e che libertà d'intelletto non era possibile se non cadevano.
      Tra quell'armeggiare letterario, io non dimenticavo lo scopo mio e andava guardandomi attorno a vedere s'io potessi trovare uomini capaci d'avventurarsi all'impresa. Serpeggiavano tra noi voci vaghe di Carboneria rinata, d'un lavoro segreto comune alla Francia, alla Spagna, all'Italia. Cercai, spiai, interrogai tanto che finalmente un Torre, amico e studente di Legge, mi si rivelò membro della Setta o come dicevano allora dell'Ordine e mi propose l'iniziazione. Accettai.
      Io non ammirava gran fatto il simbolismo complesso, i misteri gerarchici e la fede - o piuttosto la mancanza di fede politica - della Carboneria, come i fatti del 1820 e del 1821, da me studiati quanto meglio io poteva in quelli anni, me l'additavano. Ma io era allora impotente a tentare cosa alcuna di mio e mi s'affacciava una congrega d'uomini i quali, inferiori probabilmente al concetto, facevano ad ogni modo una cosa sola del pensiero e dell'azione e sfidando scomuniche e pene di morte, persistevano, distrutta una tela, a rifarne un'altra. E bastava perchè io mi sentissi debito di dar loro il mio nome e l'opera mia.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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