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      Anch'oggi, canuto, credo che, dopo la virtù di guidare, la più alta sia quella di saper seguire: seguire, intendo, chi guida al bene. I giovani, troppo numerosi in Italia e altrove, che si tengono, per rispetto all'indipendenza dell'individuo, segregati da ogni moto collettivo d'associazione o di partito ordinato, sono generalmente quelli che più rapidamente e servilmente soggiacciono a ogni forza ordinata governativa. La riverenza all'Autorità vera e buona, purchè liberamente accettata, è l'arme migliore contro la falsa e usurpata.
      Accettai dunque. Fui condotto una sera in una casa presso San Giorgio, dove, salendo all'ultimo piano, trovai chi doveva iniziarmi. Era, come seppi più tardi, un Raimondo Doria, semi-corso; semi-spagnuolo, d'età già inoltrata, di fisionomia non piacente. Mi disse con piglio solenne come la persecuzione governativa e la prudenza necessaria a raggiunger l'intento vietavano le riunioni e come quindi mi si risparmiassero prove, cerimonie e riti simbolici. M'interrogò sulle mie disposizioni ad agire, a eseguire le istruzioni che mi verrebbero via via trasmesse, a sagrificarmi, occorrendo, per l'Ordine. Poi mi disse di piegare un ginocchio e, snudato un pugnale, mi recitò e mi fece ripetere la formula di giuramento del primo grado, comunicandomi uno o due segni di riconoscimento fraterno, e m'accomiatò. Io era Carbonaro.
      Uscendo, tormentai di domande l'amico che m'aspettava, sull'intento, sugli uomini, sul da farsi, ma inutilmente: bisognava ubbidire, tacere e conquistarsi lentamente fiducia.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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