Una immensa rettitudine d'animo e una immensa capacità di sagrificio per ciò ch'ei credeva bene, sagrificio tanto più meritevole quanto meno ei credea nel successo, erano doti immedesimate con lui. Ei rideva con me delle formalità e del simbolismo dei Carbonari, ma credeva, com'io credeva, nell'importanza d'ordinarci, sotto qualunque forma si fosse, all'azione.
Viaggiammo insieme a Montepulciano dov'era allora relegato Guerrazzi, colpevole d'aver recitato alcune solenni pagine in lode d'un prode soldato italiano, Cosimo Delfante, tanto quei miseri Governi d'allora s'adombravano d'ogni ricordo che potesse guidarci a sentire men bassamente di noi. Avrebbero, se fosse stato in loro potere, abolito la Storia.
Vidi Guerrazzi. Ei scriveva l'Assedio di Firenze e ci lesse il capitolo d'introduzione. Il sangue gli saliva alla testa mentr'ei leggeva ed ei bagnava la fronte per ridursi in calma. Sentiva altamente di sè, e quella persecuzioncella che avrebbe dovuto farlo sorridere gli rigonfiava l'anima d'ira. Ma ei sentiva pure altamente della sua Patria nei ricordi della passata grandezza e nei presentimenti de' suoi fati futuri; e mi pareva che l'orgoglio italiano, e l'orgoglio dell'io, non gli avrebbero forse impedito di sviarsi quando che fosse, ma gli avrebbero resa impossibile ogni bassezza e ogni transazione con chi egli avrebbe sentito da meno di quel ch'egli era. Non aveva fede. La fantasia potente oltremodo lo spronava a grandi cose: la mente incerta, pasciuta di Machiavelli e di studî sull'uomo del passato più che d'intuizioni sull'uomo avvenire, lo ricacciava nelle anatomie dell'analisi, buone a dichiarare la morte e le sue cagioni, impotente a creare e ordinare la vita.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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