E l'antiveggenza giovò.
Mi recai, nel giorno assegnato, all'albergo, nelle cui stanze intravidi il Passano, che fece sembianza di non conoscermi. Chiesi del Cottin e lo vidi. Era uomo piccolo di statura con un guardo errante che non mi piacque: vestiva abito non militare: parlava francese. Gli dissi, dopo d'essermi fatto riconoscere fratello, o, come allora dicevano, cugino, ch'ei doveva sapere perch'io venissi. Introdotto nella sua stanza da letto, chiuso l'uscio, ei piegò un ginocchio ed io, cavata, com'era d'uso, una spada dal bastone, cominciava a fargli prestare il giuramento, quando si schiuse subitamente un piccolo uscio praticato, accanto al letto, nel muro, e s'affacciò da quello un ignoto. Mi guardò e richiuse. Il Cottin mi pregò d'acquetarmi, dichiarò ch'era quegli un domestico suo fidatissimo e si scusò dell'avere dimenticato di chiudere l'usciolo a chiave. Compita l'iniziazione, il maggiore mi disse ch'ei si recava tre giorni a Nizza dove avrebbe lavorato utilmente fra la milizia, ma che la memoria lo tradiva e ch'io avrei fatto bene a dargli la formula del giuramento in iscritto. Ricusai, dicendogli che non era abitudine mia scrivere cose siffatte: scrivesse egli sotto mia dettatura. Scrisse, e m'accomiatai, scontento di quella scena.
L'ignoto, come seppi più dopo, era un carabiniere regio travestito.
Trascorsi pochi giorni io era nelle mani della polizia.
Io aveva sulla persona, al momento in cui la sbirraglia s'impossessò di me, materiale per tre condanne: palle da fucile, una lettera in cifra del Bini, un ragguaglio delle tre giornate di Francia stampato su carta tricolorata, la formula di giuramento del secondo grado e inoltre, dacchè fui preso sull'uscio di casa mia, un bastone con entro lo stocco, fra le mani.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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