Ideai dunque, in quei mesi d'imprigionamento in Savona, il disegno della Giovine Italia; meditai i principii sui quali doveva fondarsi l'ordinamento del partito e l'intento che dovevamo dichiaratamente prefiggerci: pensai al modo d'impianto, ai primi ch'io avrei chiamato a iniziarlo con me, all'inanellamento possibile del lavoro cogli elementi rivoluzionarî Europei. Eravamo pochi, giovani, senza mezzi e d'influenza più che ristretta; ma il problema stava per me nell'afferrare il vero degli istinti e delle tendenze, allora mute, ma additate dalla storia e dai presentimenti del core d'Italia. La nostra forza dovea scendere da quel Vero. Tutte le grandi imprese Nazionali si iniziano da uomini ignoti e di popolo, senza potenza fuorchè di fede e di volontà che non guarda a tempo nè ad ostacoli: gl'influenti, i potenti per nome e mezzi, vengono poi a invigorire il moto creato da quei primi e spesso pur troppo a sviarlo dal segno.
Non dirò qui come gli istinti e le tendenze d'Italia, quali m'apparivano attraverso la Storia e nell'intima costituzione sociale del paese, mi conducessero a prefiggere intento all'Associazione ideata l'Unità e la Repubblica. Accennerò soltanto come fin d'allora il pensiero generatore d'ogni disegno fosse per me, non un semplice pensiero politico, non l'idea del miglioramento delle sorti d'un popolo ch'io vedeva smembrato, oppresso, avvilito: ma un presentimento che l'Italia sarebbe, sorgendo, iniziatrice d'una nuova vita, d'una nuova potente Unità alle nazioni d'Europa.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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