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      Pretender di vincere la ripugnanza di Luigi Filippo mostrandosi deboli, era follia; e follia illudersi a credere che il principio del non-intervento avrebbe impedito l'innoltrarsi all'Austria. Anche a rischio di guerra, l'Austria non poteva tollerare che di fronte a' suoi possedimenti Lombardo-Veneti si stabilisse un Governo di libertà. Il Governo dell'insurrezione non preparando la guerra, dava tempo all'Austria per distruggere rapidamente la cagione di lite colla Francia e lo toglieva all'agitazione francese. L'importanza del tempo era stata intesa così bene da Luigi Filippo che sperando repressa l'insurrezione prima che gli si chiedesse conto delle promesse, ei nascose per cinque giorni al Presidente del Consiglio, Lafitte, inetto ma onesto, il dispaccio col quale l'ambasciatore francese in Vienna annunziava l'invasione dell'Austria nell'Italia Centrale.
      E nondimeno, i Governi Provvisorî delle provincie insorte avevano adottato l'ipotesi che l'Austria non invaderebbe, ch'essa concederebbe alla rivoluzione d'impiantarsi stabilmente nel core d'Italia; e che tutta la politica della rivoluzione dovea consistere nel non somministrare motivo legittimo all'invasione. Non un atto quindi aveva proclamato la sovranità nazionale, non uno aveva chiamato il popolo all'armi: non uno aveva ordinato il principio d'elezione: non uno aveva confortato ad agire l'altre provincie italiane. La paura trapelava in ogni loro decreto. La rivoluzione v'appariva accettata anzichè proclamata. I Governi Provvisorî di Parma e di Modena avevano dichiarato che avendo i principi abbandonato i loro Stati senza lasciare governo ordinato, il popolo s'era veduto nella necessità di fondarne uno nuovo.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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