L'idea, proposta pių volte da Sercognani, d'una decisiva impresa su Roma, dove il 12 febbrajo s'erano mostrati sintomi d'insurrezione, era sempre stata respinta. Nč il ministro Armandi(11) nč altri aveva saputo intendere l'importanza d'una bandiera di Patria sventolante dal Campidoglio. Il mormorare de' giovani era stato acquetato da promesse continue, non attese mai: il linguaggio severo della stampa, represso da un editto del 12 febbrajo "minacciante condanna finanziaria o di prigione ai venditori di scritti capaci di nuocere alle relazioni di pace e amicizia esistenti coi Governi stranieri."
E, conseguenza inevitabile del codardo operare, il meschino Governo era stato abbandonato, tradito da tutti. Al conte Bianchetti, mandato a Firenze a interrogare gli ambasciatori di Francia e d'Austria, il Governo Francese non aveva pur degnato rispondere, e corrispondeva amichevolmente col Papa. Il conte di Saint'Aulaire, inviato di Francia a Roma nel marzo, aveva evitato la via di Bologna sfuggendo ad ogni contatto col Governo Provvisorio. L'Austria aveva, aggiungendo l'ironia all'oltraggio, dichiarato che avrebbe invaso Modena e Parma, ma soltanto in virtų di non so qual patto di riversione, e Bologna, purchč si mantenesse saggia, sarebbe stata rispettata. La invasione di Parma, Modena e Reggio aveva avuto luogo: e il 6 marzo il Governo Provvisorio aveva detto: "le cose dei Modenesi non sono le nostre; il non intervento č legge per noi come pei nostri vicini; e nessuno di noi dove immischiarsi nella contesa degli Stati finitimi;" aveva decretato che "quanti stranieri si fossero presentati alle frontiere, si disarmassero e s'internassero;" e i 700 stranieri modenesi, guidati dal Zucchi, avevano dovuto traversare Bologna in sembianza di prigionieri.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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