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      E il 9 luglio una circolare fatta pubblica dalla Francia, dalla Prussia, dal Piemonte e dall'Inghilterra, chiamava altamente colpevoli gli insorti e il loro Governo. Intanto i padroni legittimi degli Italiani violavano la libertà dei mari, catturando la nave che portava in esilio Zucchi e da circa settanta insorti e conducevali nelle prigioni di Venezia; e pubblicavano decreti come il seguente: "qualunque volta, in virtù di denunzie o testimonianze segrete (gli autori delle quali non verranno mai compromessi da confronti o altrimenti) noi otterremo certezza morale di un delitto commesso, noi, invece d'esporre l'individuo rivelatore, ci contenteremo di condannare, per misura di polizia, il colpevole a un castigo straordinario, più mite dell'ordinario, ma al quale sarà sempre aggiunta la pena dell'esilio." Editto del duca di Modena dell'8 aprile 1832."
      Così gl'infausti moti del 1820, del 1821, del 1831, m'insegnavano gli errori che bisognava a ogni patto evitare. I più, confondendo individui e cose, traevano, dal mal esito, cagione di profondo sconforto. Per me, non ne esciva se non il convincimento che il successo era un problema di direzione e non altro. Il biasimo meritato dagli uomini che avevano diretto ricadeva, dicevano, sul paese: il solo fatto dell'essere essi e non altri saliti al potere, rappresentava per tutti quasi un vizio inerente alle condizioni d'Italia: la media, per così dire, della potenza rivoluzionaria italiana. Io non vedeva in quella scelta se non un errore di logica capace di rimedio.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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