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      Convinti che l'Italia può emanciparsi colle proprie forze - che a fondare una Nazionalità è necessaria la coscienza di questa nazionalità, e che questa coscienza non può aversi, ogni qual volta l'insurrezione si compia o trionfi per mani straniere - convinta d'altra parte che qualunque insurrezione s'appoggi sull'estero dipende dai casi dell'estero e non ha mai certezza di vincere - la Giovine Italia è decisa a giovarsi degli eventi stranieri, ma non a farne dipendere l'ora e il carattere dell'insurrezione. La Giovine Italia sa che l'Europa aspetta un segnale e che, come ogni altra nazione, l'Italia può darlo. Essa sa che il terreno è vergine ancora per l'esperimento da tentarsi - che le insurrezioni passate non s'appoggiarono che sulle forze di una classe sola, non mai sulle forze dell'intera nazione - che ai venti milioni d'Italiani manca non potenza per emanciparsi, ma la fede sola. Essa ispirerà questa fede, prima colla predicazione, poi coi caratteri e coll'energia dell'iniziativa.
      La Giovine Italia distingue lo stadio dell'insurrezione dalla rivoluzione. La rivoluzione incomincerà quando l'insurrezione avrà vinto. Lo stadio dell'insurrezione, cioè tutto il periodo che si stenderà dall'iniziativa alla liberazione di tutto il territorio italiano continentale, dev'esser governato da un'autorità provvisoria, dittatoriale, concentrata in un piccol numero d'uomini. Libero il territorio, tutti i poteri devono sparire davanti al Concilio Nazionale, unica sorgente di autorità nello Stato.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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