La Giovine Italia, accettata con entusiasmo, diventava in meno d'un anno associazione dominatrice su tutte l'altre in Italia.
Era il trionfo dei principî. Il nudo fatto che in così breve tempo pochi giovani, ignoti, sprovveduti di mezzi, esciti dal popolo, avversi pubblicamente nelle dottrine e nelle opere a quanti avevano, per voto di popolo e influenza riconosciuta, capitanato fin allora il moto politico, si trovassero capi d'una associazione potente tanto da concitarsi contro la trepida persecuzione di sette Governi, bastava, parmi, a provare che la bandiera inalzata era la bandiera del vero - (1861).
Il decreto ministeriale che, per compiacere ai governi dispotici d'Italia, m'esiliava di Francia, mi colse nell'agosto del 1832. Importava continuare in Marsiglia, dov'erano ordinate le vie di comunicazione coll'Italia, la pubblicazione dei nostri scritti. Però determinai di non ubbidire e mi celai, lasciando credere ch'io partiva.
Gli esuli di tutte le Nazioni erano allora accantonati con un misero sussidio nei dipartimenti e sottomessi, in virtù di quel sussidio, a leggi speciali che ricordavano i sospetti dell'antica rivoluzione e somigliavano a quelle che poi costituirono la classe degli attendibili nel Mezzogiorno d'Italia. Io non riceveva sussidio governativo e mandai quindi alla Tribune, giornale repubblicano d'allora, la protesta seguente:
Quando vige un sistema fondato sulle eccezioni, quando diritti di domicilio e di libertà individuale sono manomessi da una legge ingiusta anche più ingiustamente applicata, quando accusa, giudizio e condanna emanano da uno stesso potere, o senza possibilità di difesa, quando lo sguardo cacciato intorno non s'abbatte che in esempî di tirannide e di sommessione, è debito d'ogni uomo ch'abbia senso di dignità di protestare altamente.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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